Walter Veltroni alle Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie. <span>Foto Luca Ferrante</span>
Walter Veltroni alle Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie. Foto Luca Ferrante

Walter Veltroni presenta le nuove avventure del commissario Buonvino. Intervista video

Un giallo che mischia realtà e fantasia per riflettere sul tema della memoria attraverso un caso spinoso del 1944. L'evento alle Vecchie Segherie Mastrototaro

Tornano i casi del commissario Buonvino, personaggio nato dalla penna di Walter Veltroni. L'autore è stato ospite della libreria Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie, mercoledì 15 marzo, per presentare il quarto capitolo della saga di indagini del commissario romano. Una saga fortunata, con cui la gente si trova facilmente a empatizzare, ricca di dettagli - come ogni giallo che si rispetti - e di colpi di scena.

"Buonvino tra amore e morte" si apre subito dopo l'attentato a Veronica, moglie del protagonista, e parte proprio dalla complessa indagine attraverso cui il commissario cerca di comprendere chi abbia compiuto il gesto e perché, trovandosi anche a scandagliare il passato della sua compagna. Non si tratta di un'indagine semplice per Buonvino, a tratti è anche dolorosa. E si percepisce tutto il dolore di questo personaggio tra le pagine di questo nuovo romanzo in cui il protagonista si trova a riscoprire la propria vita prima di conoscere la moglie.

«Buonvino è un uomo come tutti noi» ha raccontato l'autore. «È un personaggio mite, a cui piace fare squadra. Non è un solista, è un direttore d'orchestra» e proprio quella squadra che gli è stata affidata, quasi a sfregio, diventa uno degli elementi più importanti per il lavoro del protagonista, relegato nel piccolo commissariato di Villa Borghese: «A me piacciono gli sconfitti, perché in uno sconfitto non c'è arroganza, non c'è la boria che contraddistingue i vincitori. I personaggi attorno a lui sono solo apparentemente imperfetti, perché nessuno è perfetto» ha aggiunto. Una squadra composita in cui tutti hanno la libertà di dire la propria, perché «La libertà è l'incontro con l'altro. L'educazione all'altro è la base della democrazia» ha precisato.

Tutti i personaggi che popolano queste storie, da quelli principali al barista, parlano ed esprimono opinioni, per quanto divergenti tra loro: «Non c'è la mia voce in questo, a Buonvino ho messo le caratteristiche che a me piacciono, ma non sono io». Il commissario è un personaggio che non urla, che ascolta e che crede molto al dubbio, quando deve risolvere il mistero, convoca tutti i sospetti e con le parole costruisce la verità. «Mi fa piacere che le persone si siano affezionate a questo personaggio e a questa storia» ha ammesso Veltroni.

La narrazione si intreccia poi con fatti di storia realmente accaduti: «Ho cercato di mischiare fantasia e realtà - ha spiegato Veltroni -, Bovino si troverà ad indagare anche sul caso di un uomo, giustiziato nel cuore di Villa Borghese nel 1944, un caso sul quale mi sono informato e che ho scoperto per caso, documentandomi per il libro precedente». Il dopoguerra è un periodo che ritorna spesso nei lavori di Veltroni che ha rivelato di essere molto appassionato di questo tema: «Mi ha sempre affascinato perché da un momento all'altro un regime durato vent'anni e supportato da una grossa parte del popolo, crolla come un castello di carte e non c'è nessuno del partito che reagisce. E mi affascina molto capire cosa sia successo nelle case degli italiani in quei giorni». Una storia che si presta, per stessa ammissione dell'autore, a una riflessione di carattere civile, proprio perché legata al tema della memoria e della nostalgia: «È importante tenere memoria di quel periodo e il gioco della memoria, anche se fatto attraverso le pagine di un libro giallo secondo me è fondamentale» ha concluso.

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