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La Notte degli Oscar 2016

Il resoconto e l'opinione di Savio Console


Nella cerimonia più prestigiosa del panorama cinematografico trionfa il Made in Italy: Ennio
Morricone vince il Premio Oscar per la miglior colonna sonora per "The Hateful Eight" e tutti i
presenti non possono che alzarsi in piedi in tributo a un artista immenso, che alla veneranda età
di 87 anni è riuscito a conquistare tale riconoscimento per la prima volta alla sesta nomination (in
barba a chi non lo ha premiato prima) e dopo un Oscar alla carriera nel 2007, che tanto sapeva di
scusa.

Ma, ovviamente, questi Premi Oscar passeranno alla storia per aver rotto il tabù di Leonardo Di
Caprio, che dopo 4 nomination andate a vuoto conquista il premio come miglior attore
protagonista per "Revenant-Redivivo". E arriva, paradossalmente, non nella sua miglior
interpretazione, basata più su immani sforzi fisici che su intensità recitativa, apprezzata
maggiormente in Michael Fassbender, interprete molto convincente di Steve Jobs nell'omonimo
film o in Bryan Cranston, capace di far empatizzare con una figura tormentata, non conosciutissima
in questa generazione, come il talentuoso sceneggiatore Dalton Trumbo. Riconoscimento che sa
di compensazione con altre occasioni in cui Di Caprio l'Oscar lo avrebbe meritato (come in "The Wolf
of the wall street" o "Django Unchained", giusto per menzionare due film), ma si sa che
l'"Academy" strizza l'occhio all'impatto emotivo che un certo ruolo suscita rispetto ad altri. Si
spiega così la vittoria di Brie Larson come miglior attrice protagonista in "Room", in una parte in
cui è stata abile a calibrare e trasmettere emozioni non indifferenti. Ma non si può di certo dire
che sia stata più brava di un'attrice di maggior esperienza come Cate Blanchett (Carol) o
dell'acclamatissima Jennifer Lawrence (Joy), che poi l'Oscar lo avevano già vinto recentemente e
si sa che all'"Academy" piace variare, almeno in queste categorie.

Per la categoria degli attori non protagonisti il grande sconfitto è Silvester Stallone che, forte della
vittoria ai "Golden Globe" e ai "Bafta" per l'interpretazione di Rocky Balboa in "Creed", spin­off
della interminabile saga di "Rocky", si è visto beffare dal britannico Mark Rylance,
interprete della spia sovietica Rudolf Abel in "Il ponte delle Spie". Premio meritatissimo,
anche se non ci sarebbe stato da indignarsi se lo avessero assegnato a Tom Hardy, semplicemente
l'antagonista perfetto di Di Caprio in "Revenant". Sul campo femminile, vittoria abbastanza
pronosticata per Alicia Vikander, interprete deliziosissima in "The Danish Girl". La sconfitta è Kate
Winslet, co­protagonista in "Steve Jobs", ma la vincitrice morale è Jennifer Jason Leigh, ossia la
ripugnante Daisy Domergue in "The Hateful Eight" di Quentin Tarantino, assente non giustificato
in questa cerimonia, verso cui è evidente l'ostracismo della giuria.

E veniamo al film premiato come migliore dell'anno. Alla fine è "Il caso Spotlight" di Tom
McCarthy a spuntarla, che si aggiudica anche il premio per la "miglior sceneggiatura originale".
Meritato? Nì. Il film in sè è monotematico e abbastanza rigido per tutta la durata, fa il suo dovere
da normale film d'inchiesta ma nulla più, trattando sì una tematica forte, come la diffusione della
pedofilia nei prelati di Boston, ma osando fino a un certo punto. Preferibile, forse, "La
grande Scommessa", penalizzato sicuramente perchè il tema trattato, ossia il crollo del
mercato finanziario nel 2008 su cui alcuni investitori avevano scommesso ex-­ante, non presenta un
impatto altrettanto forte come quella del "Il Caso Spotlight" . Tuttavia il film di Adam McKay, che si
è comunque potuto consolare con il premio per la "miglior sceneggiatura non originale",
pur essendo anch'esso monotematico e trattando una materia non accessibile a tutti, è sorretta da un
montaggio superbo, che funge da collante narrativo e che rende fluido il film.

Non riesce a bissare il successo dell'anno scorso con "Birdman" Alejandro G. Inarritu che in "Revenant"
paga una sceneggiatura non abbastanza elaborata per poter ambire al premio più importante.
Si può consolare, tuttavia, con la conquista per il secondo anno consecutivo dell'Oscar per la miglior regia, traguardo davvero fenomenale che certifica a pieno il talento del regista, dato che era da più di 60 anni che ciò non succedeva (doppietta di Joseph Mankiewicz nel biennio 1950­-1951). Ma "Revenant" non è solo regia: Emmanuel Lubezki si aggiudica per il terzo anno consecutivo (record assoluto) l'Oscar per la "miglior fotografia", arricchita dall'uso di luci naturali per tutto il film.

Per i premi tecnici la fa da padrone "Mad max: Fury Road" di Geoge Miller, che è stata la vera sorpresa di
questa annata cinematrografica. Partito come semplice film "remake" di una saga di film diretta dallo stesso Miller, terminata trent'anni fa, si è rivelato in poco tempo un "cult" nel suo genere; è molto raro che un film d'azione e puro intrattenimento possa sbancare agli Oscar e qui sta la vittoria di "Mad Max­Fury Road". Tra i premi conquistati, il più celebrativo è quello per "il miglior montaggio", anche per essere riuscito a strapparlo a "La Grande Scommessa". Non da sottovalutare anche la conquista del binomio "miglior sonoro"­ "miglior montaggio sonoro", oltre al riconoscimento per la "miglior scenografia", "miglior trucco"e "migliori costumi".

Savio Console
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