Cristiano Gerardo
Cristiano Gerardo
Vita di città

Gerardo Cristiano, “Cristianidd” di Cerignola: “Sono un cantastorie e adoro il dialetto”

Suo padre amava raccontare storie, lui tramanda con passione questa arte in vernacolo

Il 17 Gennaio ricorre la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali. L'Unione Nazionale delle Pro Loco ha istituito questa giornata per salvaguardare e valorizzare parole, espressioni e modi di dire che appartengono al patrimonio culturale immateriale, e servono a rendere più forte il senso di identità delle comunità locali. Il dialetto sta scomparendo, non solo nel Sud Italia, ed è più che mai importante sostenere iniziative che possano riportarlo in auge restituendogli l'importanza e il valore che merita.

Per l'occasione abbiamo intervistato Gerardo Cristiano, conosciuto a Cerignola come "Cristianidd", uno dei pochi cantastorie in dialetto rimasti in città, che ha accettato con molto piacere la proposta di raccontarci un po' come è nata la sua passione per le storie, gli aneddoti e le poesie in vernacolo.

L'ho incontrato sugli spalti dello stadio Monterisi, tra i colori giallo-blu che appartengono alla nostra città. Gerardo, 58 anni, è un cultore del dialetto e delle tradizioni locali. In tanti, a Cerignola, lo conoscono e apprezzano la sua capacità di declamare versi in vernacolo, rispolverando termini ed espressioni ormai in disuso, e che non si sentono più in giro.

Lui, il dialetto ce l'ha nel DNA. Come tutti noi cerignolani, in fondo. Solo che Cristianidd oggi continua a parlarlo quotidianamente per strada, tra i colleghi, ovunque si trovi. E poi lo declama, trasmettendo versi e saperi che appartengono al passato, e che risvegliano ricordi e sensazioni di un tempo.

"Non ho mai composto una poesia tutta mia, ma ho recitato tantissimi versi scritti da poeti e autori locali. Nel mio repertorio ci sono anche famose poesie come A'livella di Totò, che mi piace ripetere spesso perché è molto significativa. Quando, anni fa, mi presentai alle selezioni per la "Corrida", in tv, declamai i versi di una lunga poesia che parlava dell'esperienza di un soldato. Anche se non fui scelto per partecipare al programma, la mia esibizione fu molto apprezzata. Ricordo che qualcuno della redazione si meravigliò del fatto che fossi in grado di ricordare una poesia così lunga e difficile", racconta Gerardo.

Chi ti ha trasmesso questa passione per i versi, le poesie, le storie?

Sicuramente mio padre, lui sì che era un vero cantastorie. Spesso veniva chiamato per organizzare le serenate alle future spose, lui parlava e declamava versi, mentre altri lo accompagnavano con la musica. Mio padre aveva anche capacità comiche, faceva battute da far ridere a crepapelle riuscendo a rimanere serio. Quando usciva di casa e si tratteneva per strada (noi abitavamo in Terra Vecchia), alcune persone correvano a prendere le sedie per circondarlo e farsi raccontare storie e aneddoti. Io da bambino ero molto colpito da questo suo modo di fare, e credo proprio di aver ereditato da lui la capacità di raccontare e di trasmettere storie in dialetto. Anche oggi, fare una battuta in dialetto ha tutto un altro effetto, e certi modi di dire sono rimasti così impressi che fanno parte ormai della nostra cultura e delle nostre conoscenze. Peccato che oggi in pochi parlano il dialetto, anzi nelle scuole si tende a relegarlo in un angolino come lingua "morta" e ormai superata. Ormai i ragazzi non conoscono più il linguaggio dei loro padri e dei loro nonni.

Secondo te, qual è il modo migliore per (ri)avvicinare i giovani al dialetto?

Io credo che le scuole possano fare molto: dirigenti e docenti potrebbero stabilire giorni e ore scolastiche in cui i ragazzi possano appunto dedicarsi allo studio e riscoperta di alcuni termini dialettali, che poi fanno parte del nostro "vocabolario" italiano, o di quello di altre lingue, come ad esempio il francese e lo spagnolo. Si potrebbero leggere in classe poesie in vernacolo, rispolverando autori locali che meritano di essere conosciuti ed apprezzati. Spero che la mia proposta venga presa in considerazione anche dall'Amministrazione comunale, a cui ho proposto incontri e iniziative aventi come tema proprio il nostro dialetto.

Gerardo, che lavora come netturbino da circa trent'anni, conosce bene Cerignola, ed ama e rispetta la città in ogni suo angolo nascosto. "E' cambiato tutto rispetto a quando ero bambino e adolescente: per me Cerignola corrispondeva alla zona in cui vivevo, la Terra Vecchia, si usciva poco dal proprio quartiere. Oggi è tutto diverso, possiamo andare ovunque, ma stiamo perdendo le nostre radici".

Appena il suo racconto si fa malinconico, ecco che recupera il sorriso e la battuta. Gerardo è pronto per narrare un'altra storia, ed io non sono ancora stanca di ascoltarlo.
  • intervista
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