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Religioni
Angelo Disanto: “Faccio chiarezza sulla leggenda del ritrovamento dell’icona della Madonna di Ripalta di Cerignola”
Lo storico e antropologo cerignolano si rifà alle fonti riportate in un libro da lui pubblicato
Cerignola - venerdì 10 ottobre 2025
15.04
La leggenda del ritrovamento della Sacra Icona della Madonna di Ripalta, tornata in auge attraverso una rievocazione storica dell'episodio svoltasi durante la festa patronale, è stata affrontata da storici, antropologi e appassionati di storia locale in volumi e pubblicazioni sia recenti che del passato.
Nello specifico, il dott. Angelo Disanto-storico e antropologo cerignolano- è tornato sull'argomento già discusso all'interno del libro "Ripalta. La Madonna Pellegrina" (edito da Claudio Grenzi editore, 2010), con l'intento di fare ulteriore chiarezza e fugare dubbi sull'avvenimento. Di seguito le sue dichiarazioni, suffragate da documenti e fonti storiche.
"La leggenda dell'inventio ovvero del ritrovamento della sacra icona della Madonna di Ripalta, che ritrae una Hodegitria dexiokratousa, proclamata patrona principale di Cerignola (Foggia) il 22 settembre 1859, è stata recentemente divulgata erroneamente come "versione più diffusa", in cui si narra che l'icona fu ritrovata sulla ripa alta dell'Ofanto da alcuni "boscaioli", intenti ad "usarla per accendere il fuoco", quando, al primo colpo d'ascia, dall'immagine cominciò a fuoriuscire del sangue.
Si tratta di un tópos letterario ricorrente: il prodigioso versamento di sangue dal volto della Madonna. Questo vale anche come antefatto della fondazione della chiesa della Beata Vergine Maria di Ripalta, già documentata nel 1259, edificata sul pianoro della riva sinistra del fiume Ofanto. Attorno ad essa si è sviluppata una intensa devozione popolare.
Orbene, la variante dei "boscaioli" non è indicata nella narrazione dell'inventio, riportata dalle fonti, che narra di alcuni "malviventi" come protagonisti del ritrovamento della sacra icona della Madonna di Ripalta.
La prima narrazione dell'inventio dell'icona di Ripalta a noi pervenuta è quella riportata dal sacerdote canonico Luigi Conte (Cerignola, 4 maggio 1823 - Cerignola, 18 agosto 1872), all'epoca della sua pubblicazione mansionario del locale Capitolo Cattedrale "San Pietro Apostolo". Egli nel suo scritto Memorie filologiche sull'antichità della Chiesa di Cerignola del 1857 afferma di aver attinto da «un'antichissima memoria a noi tramandata dal nostro concittadino erudito Giovanni Aniello» (L. Conte, Memorie filologiche sull'antichità della Chiesa di Cerignola, precedute da un breve cenno storico topografico genealogico della stessa città, Tipografia di Gaetano Cardamone, Napoli 1857, p. 19, nota 1).
In questa memoria, non più rintracciabile, il canonico Luigi Conte indica il luogo del ritrovamento dell'icona "in una diruta e derelitta spelonca" presso il fiume Ofanto e l'anno del ritrovamento nel 1172, da parte di alcuni "malviventi". Tale narrazione viene qui trascritta: «nel tempo della burrascosa persecuzione ordita ai Padri orientali di s. Basilio nel 726, imperatore Leone l'Isauro, essendo stato quasi spianato quel monastero, il quadro della Vergine fu tratto di soppiatto dai fedeli, e nascosto in una diruta e derelitta spelonca, situata al di qua dell'Ofanto. Ma per essere poi dopo la morte di quelle persone divote rimasto celato il sito che ascondeva la sacra Immagine, se n'era per una lunghissima serie di anni perduta ogni memoria.
Però nel 1172, tenebrose stagione, in cui le campagne erano infestate di orde insensate di ladroni, fu il sagro deposito portentosamente rinvenuto da una comitiva di malviventi in quella caverna colà casualmente ricoveratisi per albergarvi. Vollero intanto costoro avvalersi del tavolone su cui era dipinta l'immagine, per l'uso economico della vita: ed uno di essi nel battere replicatamente al di sopra con una scure, e dal viso sgorgandone del sangue, atterrito con i suoi commilitori si diè alla fuga, secondo il genuino racconto della vetusta memoria. Divulgatasi la miracolosa invenzione dell'Immagine della Madre di Dio (è la tradizione di padre in figli che parla); dalle città a noi limitrofe venne agitata lizza e contesa sulla pertinenza del sacro deposito» (L. Conte, Memorie filologiche, cit.).
Anche il cerignolano padre Giuseppe D'Alessandro, in un Canto popolare edito nell'opuscolo Tradizione popolare sulla Vergine di Ripalta protettrice della città di Cerignola del 1880, fa riferimento alla leggenda e ai protagonisti del ritrovamento dell'icona indicandoli come "una banda di malfattori", in questi termini: «Fu trovata in cupe Grotte / Fra le balze e fra burroni, / Nascondiglio di ladroni, / Odi, o figlia; questa è storia / D'antichissima memoria/ Infestando la contrada / Qual asilo lor protetto / S'accoglieva pel banchetto. Qui sicuro il malandrino / Divideva il suo bottino» (G. D'Alessandro, Tradizione popolare sulla Vergine di Ripalta protettrice della città di Cerignola, Tipografia di Natale Brugnoli e Figlio, Cerignola 1880, pp. 7-8).
Nel 1895 Giuseppe Tortora junior (Cerignola, 31 luglio 1844 - Cerignola, 31 marzo 1920) riporta la leggenda con alcune varianti, mantenendo la specificità dei personaggi del ritrovamento dell'icona quali "alcuni malandrini", in questi termini: «La tradizione narra che alcuni malandrini, legati i cavalli alla mangiatoia, spazzassero i rimasugli di paglia o di fieno con la lama della sciabola: allorchè videro, con sommo stupore, che da una tavola spicciava sangue. Cercarono di rendersi ragione di quel fenomeno straordinario; e pulito e lavato il legno, si accorsero che su quello era dipinta la Vergine col Bambinello fra le braccia. Allora quegli uomini capirono che con la sciabola avevano ferita la Madonna, e si prostrarono innanzi a quella immagine e l'adorarono» (G. Tortora, Madonna di Ripalta, in "Scienza e Diletto", III, n. 36, Cerignola 7 settembre 1895).
Il professor Tommaso Pensa (Ortona dei Marsi, 1 ottobre 1875 - Cerignola, 11 dicembre 1927) nel suo contributo "Cerignola", edito nella pubblicazione collettiva La Capitanata (1903), riporta la leggenda del ritrovamento dell'icona scrivendo: «nel 1172, fu trovata da una comitiva di ladri (è una pia tradizione che lo dice)» (T. Pensa, Cerignola, in La Capitanata, Stabilimento Tipografico Cibelli, Cerignola 1903, pp. 23-45, in particolare p. 44).
Nel 1910 fu pubblicata la leggenda dalla demologa professoressa Maria Conte (Cerignola, 18 febbraio 1882 - Bassano del Grappa, 28 gennaio 1979), nel suo libro Tradizioni popolari di Cerignola, indicando come protagonisti del ritrovamento "i ladri".
Maria Conte codificò per la prima volta l'elemento della tradizione del carro trainato da buoi (comune ad altri simili racconti leggendari), durante la contesa tra cerignolani e canosini, i quali rimisero il contrasto alla decisione degli animali, che presero per tre volte la direzione verso Cerignola, manifestando così la volontà divina e legittimando il possesso della sacra icona da parte della comunità cerignolana: «Nacquero tante liti tra canosini e cerignolani per avere il Quadro della Madonna. Ma si pensò a un mezzo suggerito dalla Vergine stessa, mezzo che risolvette la gran questione. Si prese un carro con dentro il Quadro, si legarono ad esso quattro bovi e si mise in una crocevia che conduceva a Cerignola e a Canosa. Si disse che la Madonna avrebbe dovuto decidere. Tre volte il carro prese la via di Cerignola e così il Quadro fu nostro» (M. Conte, Tradizioni popolari di Cerignola, con prefazione di G. Pitrè, Premiata Tip. Edit. "Scienza e Diletto" - V. Taronna, Cerignola 1910, p. 214, nota 1).
Monsignor Paris Fieni (Cerignola, 24 febbraio 1881 - Cerignola, 26 luglio 1965), come risulta nell'Archivio di Stato di Foggia, Stato Civile, Comune di Cerignola, vol. 1465, atto n 223 (e non morto il giorno 12 luglio, come pubblicato da altri), riporta in un libretto devozionale un suo scritto del 1911 intitolato Leggenda popolare sulla Vergine M. SS. di Ripalta Protettrice della Città di Cerignola, nel quale accenna ai "malviventi", quali protagonisti del ritrovamento dell'icona, scrivendo: «verso il 1172, tenebrosa epoca in cui le nostre campagne erano infestate di orde insensate di ladroni, fu questo sacro deposito miracolosamente ritrovato da una comitiva di malviventi in quella caverna casualmente ricoveratisi per albergarvi» (A Maria SS. di Ripalta protettrice e patrona della città di Cerignola, a cura del Sacerdote Paris Fieni il settembre del 1911, Tipografia Raffaele Cibelli, Cerignola 1911, p. 6).
Monsignor Sergio di Gioia (Cerignola, 23 febbraio 1887 - Cerignola, 29 gennaio 1952) in un suo studio storico pubblicato postumo a Cerignola il 6 settembre 1955 dal titolo Maria de Ripis Altis in "Il Faro", quindicinale indipendente del Tavoliere, il cui testo fu ripubblicato nell'opuscolo Novena a Maria SS. di Ripalta del 1956, parla di "banditi" che avrebbero ritrovato l'icona in questi termini: «Nel 1172 (?) per caso fu scoperto dai banditi, che razziavano le campagne e, dopo averlo usato come fu detto, alla vista del sangue che da esso spicciò in seguito al colpo di scure» (S. di Gioia, Maria de Ripis Altis, in Novena a Maria SS. di Ripalta Protettrice della Città e Diocesi di Cerignola, a cura della Deputazione per le Feste Patronali, Leone, Foggia 1956, pp. 7-18, in particolare p. 12).
In definitiva la variante della leggenda, che indica come protagonisti del ritrovamento dell'icona i "boscaioli", è da considerarsi una sorta di licenza poetica del narratore e poeta Giuseppe Angione (Cerignola, 14 aprile 1895 - Cerignola, 5 marzo 1981), il quale nel luglio 1975, nel suo poema in prosa Storia di un miracolo recita: «Legnaioli Canosini / boscaiol Cerignolan / quando furon là vicini / a quel legno, esclamaron/ Imbracciò la grossa scura / uno dei Cerignolan / dett'un colpo: Che paura! / spruzzav sangue quel legnam» (G. Rinaldi-P. Sobrero, Fogli volanti, in "La Capitanata", XIV (1976), parte II, n. 1-6 gennaio-dicembre, pp. 1-54, in particolare p. 32).
L'analisi delle fonti dimostra, dunque, in modo incontrovertibile come la versione della leggenda della Madonna di Ripalta che rinvia ai "boscaioli" non sia la versione più diffusa e nemmeno la più antica. Invece, la "versione più diffusa" della leggenda è quella nella quale i protagonisti del ritrovamento risultano essere dei "malviventi" e non dei "boscaioli", come recentemente affermato da altri".
Nello specifico, il dott. Angelo Disanto-storico e antropologo cerignolano- è tornato sull'argomento già discusso all'interno del libro "Ripalta. La Madonna Pellegrina" (edito da Claudio Grenzi editore, 2010), con l'intento di fare ulteriore chiarezza e fugare dubbi sull'avvenimento. Di seguito le sue dichiarazioni, suffragate da documenti e fonti storiche.
"La leggenda dell'inventio ovvero del ritrovamento della sacra icona della Madonna di Ripalta, che ritrae una Hodegitria dexiokratousa, proclamata patrona principale di Cerignola (Foggia) il 22 settembre 1859, è stata recentemente divulgata erroneamente come "versione più diffusa", in cui si narra che l'icona fu ritrovata sulla ripa alta dell'Ofanto da alcuni "boscaioli", intenti ad "usarla per accendere il fuoco", quando, al primo colpo d'ascia, dall'immagine cominciò a fuoriuscire del sangue.
Si tratta di un tópos letterario ricorrente: il prodigioso versamento di sangue dal volto della Madonna. Questo vale anche come antefatto della fondazione della chiesa della Beata Vergine Maria di Ripalta, già documentata nel 1259, edificata sul pianoro della riva sinistra del fiume Ofanto. Attorno ad essa si è sviluppata una intensa devozione popolare.
Orbene, la variante dei "boscaioli" non è indicata nella narrazione dell'inventio, riportata dalle fonti, che narra di alcuni "malviventi" come protagonisti del ritrovamento della sacra icona della Madonna di Ripalta.
La prima narrazione dell'inventio dell'icona di Ripalta a noi pervenuta è quella riportata dal sacerdote canonico Luigi Conte (Cerignola, 4 maggio 1823 - Cerignola, 18 agosto 1872), all'epoca della sua pubblicazione mansionario del locale Capitolo Cattedrale "San Pietro Apostolo". Egli nel suo scritto Memorie filologiche sull'antichità della Chiesa di Cerignola del 1857 afferma di aver attinto da «un'antichissima memoria a noi tramandata dal nostro concittadino erudito Giovanni Aniello» (L. Conte, Memorie filologiche sull'antichità della Chiesa di Cerignola, precedute da un breve cenno storico topografico genealogico della stessa città, Tipografia di Gaetano Cardamone, Napoli 1857, p. 19, nota 1).
In questa memoria, non più rintracciabile, il canonico Luigi Conte indica il luogo del ritrovamento dell'icona "in una diruta e derelitta spelonca" presso il fiume Ofanto e l'anno del ritrovamento nel 1172, da parte di alcuni "malviventi". Tale narrazione viene qui trascritta: «nel tempo della burrascosa persecuzione ordita ai Padri orientali di s. Basilio nel 726, imperatore Leone l'Isauro, essendo stato quasi spianato quel monastero, il quadro della Vergine fu tratto di soppiatto dai fedeli, e nascosto in una diruta e derelitta spelonca, situata al di qua dell'Ofanto. Ma per essere poi dopo la morte di quelle persone divote rimasto celato il sito che ascondeva la sacra Immagine, se n'era per una lunghissima serie di anni perduta ogni memoria.
Però nel 1172, tenebrose stagione, in cui le campagne erano infestate di orde insensate di ladroni, fu il sagro deposito portentosamente rinvenuto da una comitiva di malviventi in quella caverna colà casualmente ricoveratisi per albergarvi. Vollero intanto costoro avvalersi del tavolone su cui era dipinta l'immagine, per l'uso economico della vita: ed uno di essi nel battere replicatamente al di sopra con una scure, e dal viso sgorgandone del sangue, atterrito con i suoi commilitori si diè alla fuga, secondo il genuino racconto della vetusta memoria. Divulgatasi la miracolosa invenzione dell'Immagine della Madre di Dio (è la tradizione di padre in figli che parla); dalle città a noi limitrofe venne agitata lizza e contesa sulla pertinenza del sacro deposito» (L. Conte, Memorie filologiche, cit.).
Anche il cerignolano padre Giuseppe D'Alessandro, in un Canto popolare edito nell'opuscolo Tradizione popolare sulla Vergine di Ripalta protettrice della città di Cerignola del 1880, fa riferimento alla leggenda e ai protagonisti del ritrovamento dell'icona indicandoli come "una banda di malfattori", in questi termini: «Fu trovata in cupe Grotte / Fra le balze e fra burroni, / Nascondiglio di ladroni, / Odi, o figlia; questa è storia / D'antichissima memoria/ Infestando la contrada / Qual asilo lor protetto / S'accoglieva pel banchetto. Qui sicuro il malandrino / Divideva il suo bottino» (G. D'Alessandro, Tradizione popolare sulla Vergine di Ripalta protettrice della città di Cerignola, Tipografia di Natale Brugnoli e Figlio, Cerignola 1880, pp. 7-8).
Nel 1895 Giuseppe Tortora junior (Cerignola, 31 luglio 1844 - Cerignola, 31 marzo 1920) riporta la leggenda con alcune varianti, mantenendo la specificità dei personaggi del ritrovamento dell'icona quali "alcuni malandrini", in questi termini: «La tradizione narra che alcuni malandrini, legati i cavalli alla mangiatoia, spazzassero i rimasugli di paglia o di fieno con la lama della sciabola: allorchè videro, con sommo stupore, che da una tavola spicciava sangue. Cercarono di rendersi ragione di quel fenomeno straordinario; e pulito e lavato il legno, si accorsero che su quello era dipinta la Vergine col Bambinello fra le braccia. Allora quegli uomini capirono che con la sciabola avevano ferita la Madonna, e si prostrarono innanzi a quella immagine e l'adorarono» (G. Tortora, Madonna di Ripalta, in "Scienza e Diletto", III, n. 36, Cerignola 7 settembre 1895).
Il professor Tommaso Pensa (Ortona dei Marsi, 1 ottobre 1875 - Cerignola, 11 dicembre 1927) nel suo contributo "Cerignola", edito nella pubblicazione collettiva La Capitanata (1903), riporta la leggenda del ritrovamento dell'icona scrivendo: «nel 1172, fu trovata da una comitiva di ladri (è una pia tradizione che lo dice)» (T. Pensa, Cerignola, in La Capitanata, Stabilimento Tipografico Cibelli, Cerignola 1903, pp. 23-45, in particolare p. 44).
Nel 1910 fu pubblicata la leggenda dalla demologa professoressa Maria Conte (Cerignola, 18 febbraio 1882 - Bassano del Grappa, 28 gennaio 1979), nel suo libro Tradizioni popolari di Cerignola, indicando come protagonisti del ritrovamento "i ladri".
Maria Conte codificò per la prima volta l'elemento della tradizione del carro trainato da buoi (comune ad altri simili racconti leggendari), durante la contesa tra cerignolani e canosini, i quali rimisero il contrasto alla decisione degli animali, che presero per tre volte la direzione verso Cerignola, manifestando così la volontà divina e legittimando il possesso della sacra icona da parte della comunità cerignolana: «Nacquero tante liti tra canosini e cerignolani per avere il Quadro della Madonna. Ma si pensò a un mezzo suggerito dalla Vergine stessa, mezzo che risolvette la gran questione. Si prese un carro con dentro il Quadro, si legarono ad esso quattro bovi e si mise in una crocevia che conduceva a Cerignola e a Canosa. Si disse che la Madonna avrebbe dovuto decidere. Tre volte il carro prese la via di Cerignola e così il Quadro fu nostro» (M. Conte, Tradizioni popolari di Cerignola, con prefazione di G. Pitrè, Premiata Tip. Edit. "Scienza e Diletto" - V. Taronna, Cerignola 1910, p. 214, nota 1).
Monsignor Paris Fieni (Cerignola, 24 febbraio 1881 - Cerignola, 26 luglio 1965), come risulta nell'Archivio di Stato di Foggia, Stato Civile, Comune di Cerignola, vol. 1465, atto n 223 (e non morto il giorno 12 luglio, come pubblicato da altri), riporta in un libretto devozionale un suo scritto del 1911 intitolato Leggenda popolare sulla Vergine M. SS. di Ripalta Protettrice della Città di Cerignola, nel quale accenna ai "malviventi", quali protagonisti del ritrovamento dell'icona, scrivendo: «verso il 1172, tenebrosa epoca in cui le nostre campagne erano infestate di orde insensate di ladroni, fu questo sacro deposito miracolosamente ritrovato da una comitiva di malviventi in quella caverna casualmente ricoveratisi per albergarvi» (A Maria SS. di Ripalta protettrice e patrona della città di Cerignola, a cura del Sacerdote Paris Fieni il settembre del 1911, Tipografia Raffaele Cibelli, Cerignola 1911, p. 6).
Monsignor Sergio di Gioia (Cerignola, 23 febbraio 1887 - Cerignola, 29 gennaio 1952) in un suo studio storico pubblicato postumo a Cerignola il 6 settembre 1955 dal titolo Maria de Ripis Altis in "Il Faro", quindicinale indipendente del Tavoliere, il cui testo fu ripubblicato nell'opuscolo Novena a Maria SS. di Ripalta del 1956, parla di "banditi" che avrebbero ritrovato l'icona in questi termini: «Nel 1172 (?) per caso fu scoperto dai banditi, che razziavano le campagne e, dopo averlo usato come fu detto, alla vista del sangue che da esso spicciò in seguito al colpo di scure» (S. di Gioia, Maria de Ripis Altis, in Novena a Maria SS. di Ripalta Protettrice della Città e Diocesi di Cerignola, a cura della Deputazione per le Feste Patronali, Leone, Foggia 1956, pp. 7-18, in particolare p. 12).
In definitiva la variante della leggenda, che indica come protagonisti del ritrovamento dell'icona i "boscaioli", è da considerarsi una sorta di licenza poetica del narratore e poeta Giuseppe Angione (Cerignola, 14 aprile 1895 - Cerignola, 5 marzo 1981), il quale nel luglio 1975, nel suo poema in prosa Storia di un miracolo recita: «Legnaioli Canosini / boscaiol Cerignolan / quando furon là vicini / a quel legno, esclamaron/ Imbracciò la grossa scura / uno dei Cerignolan / dett'un colpo: Che paura! / spruzzav sangue quel legnam» (G. Rinaldi-P. Sobrero, Fogli volanti, in "La Capitanata", XIV (1976), parte II, n. 1-6 gennaio-dicembre, pp. 1-54, in particolare p. 32).
L'analisi delle fonti dimostra, dunque, in modo incontrovertibile come la versione della leggenda della Madonna di Ripalta che rinvia ai "boscaioli" non sia la versione più diffusa e nemmeno la più antica. Invece, la "versione più diffusa" della leggenda è quella nella quale i protagonisti del ritrovamento risultano essere dei "malviventi" e non dei "boscaioli", come recentemente affermato da altri".