Capitaneria di Porto di Molfetta
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Cronaca

Le minacce dei "dattaroli" ai militari: «Vi butto la dinamite in Capitaneria»

Uno degli indagati è accusato di peculato: avrebbe usato l'auto della Multiservizi per una consegna. Ieri i primi interrogatori

«Ma cosa vuole, quello è un bastardo... vi butto la dinamite nella Capitaneria». Ed ancora: «Ragazzo, questi davvero che sono stupidi, questi vogliono le mazzate». Inequivocabili, le minacce dei pescatori di datteri indagati nell'indagine "Jolly" avevano come obiettivo un sottocapo scelto Np della Guardia Costiera di Molfetta.

Ieri sono iniziati gli interrogatori di garanzia: la maggior parte degli indagati in carcere, tra Foggia, Lecce, Matera, Potenza, Taranto e Trani, assistiti dagli avvocati Maurizio Altomare, Andrea Calò, Sergio de Candia, Angelantonio de Palma, Marco Di Bartolomeo, Giuseppe Germinario, Michele Ippedico, Marcello Magarelli, Maurizio Masellis, Felice Petruzzella e Michele Salvemini, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, mentre altri hanno cercato di chiarire le loro posizioni.

Le altre audizioni proseguiranno durante la giornata. 84 le ipotesi di reato tra associazione per delinquere, danneggiamento e deturpamento di beni paesaggistici, inquinamento, disastro ambientale, minacce a pubblico ufficiale ed illeciti amministrativi contestati agli enti coinvolti in un'attività che ha permesso di scoprire un mercato parallelo e illegale che teneva insieme i pescatori di frodo e gli esercizi commerciali. Lorenzo Sinigaglia, uno degli indagati, risponde anche di peculato.

Il 20 giugno 2024, quale dipendente della Molfetta Multiservizi s.r.l., «durante il proprio turno di lavoro, impiegava» uno dei veicoli aziendali «per il raggiungimento del deposito dei datteri del fratello Vincenzo». Non solo: l'uomo, il 10 ottobre dell'anno scorso «negli uffici della Guardia Costiera usava minaccia verso gli ufficiali presenti, qualora avessero effettuato di nuovo un controllo nei suoi confronti, in particolare sul proprio gommone», è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare.

«La prossima volta che fermate me, prendo una mazza e vi uccido tutti, a costo di andare in carcere», avrebbe urlato «con l'intenzione di intimorire e far desistere i pubblici ufficiali dall'effettuare ulteriori attività di controllo». I "dattaroli" mal sopportavano i controlli: «Ehi apri gli occhi che quelli della Capitaneria hanno messo tutte e due le telecamere puntate dove vai a scaricare», metteva in guardia Cosmo Damiano Sciancalepore, pure lui indagato, parlando con Vincenzo Sinigaglia.

Ed è stato proprio quest'ultimo, dopo il sequestro di 20 chilogrammi di datteri, «ad esprimere parole di vendetta con riferimento» ad un sottocapo scelto Np. «Ma che vuole, è un bastardo, ma sappiamo cosa fare». Tra gli obiettivi il gommone militare e la sede di banchina Seminario: «Vi butto la dinamite nella Capitaneria».
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