Cartolina Santuario Madonna di Ripalta
Cartolina Santuario Madonna di Ripalta

Il ritorno al santuario dell’icona della Madonna di Ripalta

Usanza già documentata nell’atto rogato il 27/01/1543 dal notaio Dionisio Siculo

L'usanza di prelevare l'icona della Madonna di Ripalta (XIII secolo) dalla cappella sull'Ofanto e portarla a Cerignola e riportarla poi al santuario è già documentata nell'atto rogato il 27 gennaio 1543 dal notaio Dionisio Siculo, col quale il Capitolo di Cerignola rinunciava al sito di Ripalta a beneficio di Leonardo Caracciolo. In tale atto si tratta, tra l'altro, del trasporto dell'icona a Cerignola, dove rimaneva solo « per dieci giorni più, o meno ad elett(io)ne di d(ett)o Clero, e Cap(ito)lo, et altre persone devote tenere la d(ett)a Imagine intra la d(ett)a Maggiore Eccl(esi)a di S. Pietro di d(ett)a Terra, e non in altro Luoco, e dopo con la debita venerat(io)ne d(ett)a Imagine reportarla in d(ett)a Eccl(esi)a di Ripalta per li detti preti, e Cap(ito)li.».
Il pendolarismo della sacra icona viene riportato da Saverio La Sorsa (1877-1970), nel suo libro La Città di Cerignola nel Secolo XIX (Bari-Roma 1931). In esso, trattando degli avvenimenti del 1848, così scriveva: « Nell'aprile, mentre si andava a rilevare la Madonna di Ripalta dal santuario, avvenne un vivace diverbio fra i partigiani dell'una e dell'altra corrente liberale ».
Con documento dell'Archivio di Stato di Foggia del 31 marzo 1866, il prefetto della Capitanata così scriveva al sindaco di Cerignola: «Secondando l'istanza avanzata da cotesti Cittadini Le partecipo che permetto la chiesta processione in onore della Madonna di Ripalta da eseguirsi nel giorno 8 Aprile, purché l'ordine pubblico seguiti come per lo addietro ». Quindi in quel tempo il trasporto dell'icona era già attuato secondo le attuali ricorrenze.

Michele Siniscalchi (1856-1900), nel suo libro Tentativi (Cerignola 1883), descrive nei particolari un piccolo mondo antico, quello legato alla devozione del popolo alla sua patrona nel rientro dell'icona al santuario, con queste parole: « Due ore avanti l'alba spararono i primi mortaretti, e la musica cittadina cominciò a scorazzare per le vie, e le bizzoche, salmodiando ad alta voce invitavano i fedeli al tempio. la Chiesa madre, che apriva le sue grandi porte e ingoiava migliaia di persone dall'aspetto triste e lagrimoso, che metteano gemiti e lamenti, si battevano il petto, si stracciavano le vesti, si strappavano i capelli gridando: Mamma nostra, mamma nostra. E la Madonna tutta nera su quel legnaccio logoro e fradicio, incastrata nella ruvida cornice, spogliata dei suoi ricchi monili, guardava con una cert'aria desolata tutta quella gente ebbra di fede, pazza di dolore, la Madonna venne fuori addosata agli omeri di due vecchi canonici, tra i pianti e gli urlacci del popolo; seguìta dalle scapigliate e dai devoti coi candelotti; accompagnata dagli inni della musica. Ma costò una bella fatica l'attraversare quei cento metri di straducce, pressati da tutti i lati, urtati, sballottati dalla folla, che voleva baciare la sua Madonna. In piazza poi fu adagiata su un trono improvvisato, e volarono al Cielo salve di mortaretti, di razzi e di granate, che parea un fuoco di moschetteria e un bombardamento di mitragliatrici. Gli urti, le scosse, i pianti, i gridi, i suoni e le salmodie accompagnarono la Madonna fino al piano delle fosse, ove l'aspettava un nuovo trono, nuova batteria più fitta e terribile ».

L'icona nel 1883 era portata a spalla all'uscita dalla Chiesa Madre da «due vecchi canonici», antico loro privilegio. Lo conferma Giuseppe Tortora junior (1844-1920), nell'articolo Madonna di Ripalta pubblicato in «Scienza e Diletto», anno III, n. 36, del 7 settembre 1895, nel quale si legge: « Il quadro della Vergine, chiuso in modesta cornice (l'abito da viaggio), esce di chiesa la notte, qualche ora innanzi l'alba, portato sulle braccia da' canonici, preceduto, attorniato, seguito da parecchie migliaia di devoti, con migliaia di torchi accesi ».

A ricordo di questo tuttora due canonici avanzano in processione subito davanti all'icona, recando ciascuno un laccio legato alla cornice, a simboleggiare la custodia dell'icona stessa. In seguito questa cornice fu sostituita da una in argento donata dai portantini, che reca sul piedistallo l'iscrizione: «A DIVOZIONE DEI PORTANTINI 1893». Per il Gruppo dei portantini fu redatto uno statuto datato 30 settembre 1901, nel quale sono elencati il presidente Giuseppe Palladino (1853-1933) e gli altri componenti.

Nell'articolo firmato Fidelia (pseudonimo), dal titolo In giro per la città. La Madonna di Ripalta, pubblicato in «Scienza e Diletto», anno II, n. 36, dell'8 settembre 1894, si legge: «Questa dell'otto Settembre non è che una delle feste per la Ripalta, poiché veramente le feste sono tre. L'immagine della Madonna sta per sei mesi dell'anno nella nostra Cattedrale, e per gli altri sei nel santuario in riva a l'Ofanto: e l'andata al santuario e il ritorno sono due feste. Certo, anche l'andata: questa soprattutto, ch'è la festa del pianto, ha un'intonazione mistica antica, un grado di passione vera che affascina ».

Floriano Del Secolo (1877-1949), nel suo articolo Spettacoli di Fede pubblicato in «Scienza e Diletto», anno X , n. 39 (1902), descrivendo un pellegrinaggio a Cerignola di abitanti di Canosa per il ritorno dell'icona al santuario di Ripalta, al quale anche egli aveva partecipato, così scriveva: «L'immagine sacra è stata già condotta fuori dalla Chiesa, fra gli urli delle donne La vecchia immagine si muove, sotto il baldacchino ondeggiante, mentre i credenti si pigiano per baciarla il sole d'autunno dava a lei il saluto coi suoi raggi mattinali».

Il ritorno dell'icona al santuario si effettuava dunque il 21 settembre, come scriveva la demologa cerignolana Maria Conte (1882-1979) nel suo libro Tradizioni popolari di Cerignola (Cerignola 1910). Tale data è confermata in un articolo dal titolo L'alba del 21, pubblicato nel quindicinale cattolico locale «L'Ape» del 27 settembre 1914.

Il 21 settembre coincideva purtroppo con i festeggiamenti in onore di san Matteo, apostolo ed evangelista, effettuati sia presso il santuario sul Gargano, dove si recavano molti cerignolani, sia a Cerignola. Per evitare questa coincidenza, l'autorità ecclesiastica di Cerignola spostò la partenza dell'icona al primo lunedì di ottobre. Questo ritorno in ottobre è documentato dal «Giornale d'Italia» del mercoledì 5 ottobre 1932, nel quale si legge che il corteo con l'icona «alle 4.30 muove dalla Cattedrale. Il vescovo della diocesi, mons. Vittorio Consigliere, segue il Sacro dipinto».

A volte però il primo lunedì del mese in ottobre capitava il 7, giorno nel quale si faceva memoria della SS. Vergine del Rosario; perciò il trasporto dell'icona fu spostato al secondo lunedì di ottobre.

Il ritorno dell'icona al santuario è considerato dai fedeli come un distacco dalla «Mamma nostra», come annunziava nella notte Emilia Di Paola (1876-1959), detta "zè Emélie", con queste parole: «Alla Madonne, alla Madonne, Galzàteve, fégghie sande, alla Madonne, alla Mamma nostre, alla bella nostre», quasi un mantra con il quale invitava i fedeli a recarsi in cattedrale e a seguire la processione.
Questa ricorrenza appartiene al terreno simbolico di Cerignola, e costituisce un patrimonio storico religioso e civile, legato alla memoria collettiva e all'identità della città.

Angelo Disanto
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