Vittorio Russo
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Attualità

Vittorio Russo: “Sono di Cerignola, vivo a Bologna. Vi racconto la mia esperienza come corriere Amazon”

Per due anni il 26enne cerignolano ha recapitato pacchi a domicilio per la nota multinazionale

Un po' di giorni fa, in un'intervista rilasciata a "La Repubblica", un uomo ha raccontato la sua esperienza di corriere per Amazon. Nella sua storia sono emersi dettagli che fanno riflettere sulla direzione che il lavoro sta prendendo in Europa ed anche nel nostro Paese.

Da qui lo spunto per proporvi la storia di Vittorio Russo, 26enne originario di Cerignola che vive da tempo a Bologna, e che ha voluto raccontarci come ha vissuto per due anni svolgendo l'attività di corriere per una delle più grandi e potenti multinazionali del mondo.

Ciao Vittorio, grazie per la disponibilità a raccontarci la tua storia. Partiamo dall'inizio. Per due anni sei stato assunto da Amazon con un contratto a tempo indeterminato, giusto?

"Sì, ed è stata propria questa la "trappola" (chiamiamola così) in cui sono caduto io e come me tanti altri coetanei e colleghi che ho incontrato. Avere un contratto a tempo indeterminato oggi, in Italia, è un qualcosa di surreale, e quando ti succede pensi: "sono uno sciocco a rifiutare". Ma poi, con il tempo, capisci che stai pagando quella scelta rinunciando a tanto altro"

Ci racconteresti come si svolgeva una tua giornata tipo al lavoro?

"Arrivavo lì alle 9.30 (l'orario comunque cambiava in base alle aziende), caricavo il furgone con i pacchi già preimpostati per la rotta, e poi partivo. Prima, però, qualche volta mi concedevo una colazione, perché sapevo che dopo non avrei avuto più tempo per fare nulla. Il fatto di guidare per tante ore mi stancava, così come il dover scendere e salire dal furgone per consegnare, ma questo succedeva soprattutto durante alcune giornate critiche, che corrispondevano al Black Friday, o in prossimità del Natale, di San Valentino, ecc. Lavorare in quei periodi, con il traffico cittadino in tilt, per un corriere è davvero un delirio. Mi sono reso conto di come il consumismo ci abbia abituato ad acquistare continuamente di tutto, e questa cosa i corrieri la subiscono più di tutti. Altre giornate critiche potevano verificarsi in circostanze particolari, ma un corriere solitamente consegna sempre: con la pioggia, con la neve, con la nebbia"

Come riuscivi a mantenere il ritmo serrato delle consegne giornaliere?

"A volte non ci riuscivo! Nella prima azienda, in particolare, mi ritrovavo ogni giorno con una quantità spropositata di pacchi da consegnare, e la velocità che dovevo avere nel consegnarli penalizzava la possibilità di effettuare la consegna in maniera professionale, cioè aspettando il cliente, assicurandosi che il cliente lo riceva effettivamente, ecc. Mi sono ritrovato più volte a dover lasciare il pacco nel portone, o ai vicini di casa, oppure citofonare a qualcun altro, altrimenti non avrei terminato la rotta prevista. Non che questo provocasse chissà quali problemi, ma il principio comune è che tutte le aziende mirano ad avere corrieri efficienti, che eseguano correttamente e velocemente le consegne senza alcun richiamo"

Ci diresti qual è uno dei lati belli di questo lavoro?

"Sicuramente il fatto di essere indipendente. Poteva capitare, infatti, che alcune giornate meno cariche potevi gestirtele meglio, quindi fermarti in un luogo se ti andava, oppure guardare un negozio. Insomma, avevo una certa libertà, per quanto sempre controllato. Certo non puoi fermarti per ore a fare ciò che vuoi, perché comunque hai del lavoro da finire, hai il fiato sul collo e sta a te gestire al meglio il tempo a disposizione"

Pensi che questo lavoro si possa fare per lungo tempo?

"No, o forse dipende. Alcuni miei colleghi erano lì da svariati anni, ma secondo me solo per una motivazione economica. Rispetto allo standard italiano, si tratta comunque di un lavoro ben pagato e quindi lo si accetta per necessità. A livello di sanità mentale, invece, io dico che un lavoro di questo tipo per lungo tempo ti mette a dura prova! Devi stare per nove ore da solo in un furgone, spesso in mezzo al traffico, nelle fasce orarie contrali della giornata, e ti perdi la "vita" che scorre, visto che torni a casa quando è tutto chiuso. Nel mio caso specifico, poi, per due anni mi è stato fatto un contratto che prevedeva che lavorassi sabato, domenica e lunedì. Non riuscivo più ad uscire, a vedere gli amici, a fare vita sociale, perché lavoravo mentre gli altri si riposavano o si divertivano. Non avevo possibilità di cambiare i giorni di lavoro, quindi ho cominciato ad avvertire il peso della mancanza di socialità, come credo sia normale a tutte le età"

Cosa ne pensi dei robot impiegati nei magazzini di Amazon?

"Nei magazzini in cui ho lavorato io non ne ho visti, ma credo che questa storia dei robot in generale ci stia sfuggendo di mano, noi uomini pagheremo le spese di questo abuso di tecnologia"

A cosa hai rinunciato per avere uno stipendio fisso?

"Credo di aver rinunciato alla possibilità di gestire più liberamente la mia vita, io per due anni ho detto stop al divertimento e alla socialità in generale. Per me, che sono una persona dinamica e con tanti progetti in testa, questo lavoro mi ha dato sicurezza economica ma mi ha tarpato un po' le ali impedendomi di uscire dalla mia "confort zone".

Vittorio sta valutando la possibilità di varcare i confini nazionali e provare a vivere all'estero. Gli auguriamo di avere tanta fortuna e far tesoro delle esperienze che ha fatto in Italia per poterle mettere a frutto in un altro Paese.

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